romanzospicciolo
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Tempo di Latina

Verso le dune promesse

 

L’estate è alle porte, ma, a occhio, già nei primi fine settimana di maggio si può assistere all’arrostimento collettivo. Tutti al mare e non solo tra le dune di Sabaudia, ma anche tra le parenti povere di Latina, che vista la non più rinunciabile prova bikini, tanto vale raggiungere in bicicletta. Anche se la prospettiva di poter parcheggiare l’auto senza pagare il ticket – a maggio accade anche questo – è oggettivamente una ghiotta tentazione. Tre, anzi quattro, i popoli che possono vedersi in esodo su Via del Lido.

I primi sono i motorizzati su quattro ruote, quelli con pargolo, seggiolino per il pargolo, borsone per cambio del pargolo, borsa termica per il nutrimento del pargolo. Insomma, un esserino di pochi centimetri invade un’intera auto. Assolti: essere genitori oggi è diventata una cosa complicatissima, tra leggi assurde – quasi mai rispettate dalle stesse amministrazioni – e una pletora di simil psicologhe che per aver letto un paio di articoli su Grazie o Donna Moderna debbono impartire lezioni a una madre già provata dalle notti insonni.

Variante dei motorizzati sono quelli su due ruote, con gli scooter che quando li vai a parcheggiare occupano più spazio di una Smart. Lo scooterista ha lavorato tutto l’inverno al debutto in spiaggia: palestra e lampade bypassano ogni gradualità nell’approccio al sole, anche se al ritorno dal mare fa freschetto e il volto è coperto dal casco, si sfila rigorosamente in maglietta a maniche cortissime (un modello che sta tra la t-shirt e la canottiera) per mostrare bicipiti lustri e tatuaggio freschissimo. Assolti: sono giovani e ogni gioventù ha diritto ai suoi riti anche se chi è stato giovane e ridicolo prima di loro li trova ridicoli.

Passiamo agli ecologici, in bicicletta tutta la famiglia, con il bambino che arranca dietro al papà, oppure se ne sta bello comodo sul seggiolino. Questi sono belli e basta, danno l’idea che il mondo è ancora sano, nonostante la quarta categoria.

Quarta categoria, quella di chi dovrebbe farsi almeno una domanda che è la seguente: ma questa cosa se invece che a mezzogiorno la faccio alle otto del mattino o al tramonto non è meglio? Sudati, soprattutto sudati, con un’espressione sul viso che ti viene da chiamare immediatamente il 118, corrono a testa alta sotto un sole che a queste latitudini sa bruciare per bene già a maggio. Forse, ma a volte neanche, una bandana protegge la materia grigia (o il suo succedaneo). In questa sauna asfissiante loro soffrono incuranti del fatto che al resto dell’umanità non gliene freghi niente.

E gli altri? Il pensionato che raggiunge il mare con la sua 500 vecchio tipo (per essere precisi quella che la Fiat rinnega di aver mai prodotta, quella specie di Uno in miniatura che comparve negli anni ’90), il gruppetto di amiche che prende la corriera, la nonna con i nipotini, la single che non cerca conquiste? Minoranze etniche, le scorgi solo al tramonto quando intasano Via del Lido.


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IL PATTO DI MISAMBOR

     IL PATTO DI MISAMBOR

Pianeta Terra, anno 12065. Dopo millenni di battaglie tra tecnologici, ambientalisti e religiosi viene firmato il Patto di Misambor grazie al quale l’uomo dovrebbe vivere felice e in pace per l’eternità. Infatti per i primi secoli le cose vanno esattamente così. Ma “eternità” è parola grossa da digerire: per questo motivo nel Patto di Misambor vengono inserite due clausole: la prima, richiesta dagli ambientalisti, esige che comunque sia previsto un ciclo nascita-crescita-maturità-vecchiaia. La seconda, richiesta dai religiosi e ben più complessa, sancisce la possibilità della morte. Qualunque essere umano muore nel momento in cui sulla terra nessuno gli vuole più bene.

Non c’è neanche uno straccio di astronave in questo romanzo ambientato tra diecimila anni, né si va a passeggio tra le stelle e tantomeno tra le scimmie. In fondo l’umanità riesce sempre a superare se stessa.

 

Autore: Maria Corsetti

Titolo: Il Patto di Misambor

Editore: Falco Editore

Anno di pubblicazione: 2012

Pagine: 112

Prezzo: 10 euro

Copertina di Lorenzo Moriconi

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