romanzospicciolo
romanzospicciolo

Filologico, romanzo spicciolo - Cap.IX

Evviva la pubblicità

Faccio parte della generazione fortunata cresciuta con Carosello. Il “poi a letto” a me, grande dormigliona, non pesava affatto. Generazione fortunata perché può capire esattamente cosa significava Carosello. Il format oggi è studiato nelle scuole di comunicazione, se chiedi a un giovanissimo ti sa dare tutte le indicazioni necessarie, ma averlo vissuto è stata ben altra cosa. Poter raccontare di come ci sorprese l’avvento dello spot propinato durante le trasmissioni significa raccontare un’emozione, le parole non potranno mai bastare. Dico questo perché noto che la pubblicità racconta meglio di tanti romanzi, o film, o documentari di come si cambia. Una volta il cliente era accorto, esigente e intransigente. Quando spendeva stava dando a qualcuno il denaro guadagnato con fatica. Vi ricordate la pubblicità degli elettrodomestici Ignis, che vedeva come protagonisti “Gli incontentabili?”. Una famiglia con la faccia ingrugnita, capitanata da Giampiero Albertini, che andava a fare shopping. Si imbatteva in una serie di commessi scemi e di articoli improbabili finché non approdava al negozio Ignis. Finalmente convinta, la parola spettava alla signora: «La compriamo». Tanto per rifletterci su, ecco chi aveva lavorato a quello spot: Luciano Emmer (regista, produttore); Vito Nuzzi (direttore creativo); Giuseppe Caracciolo (fotografia); Ennio Morricone (musica). Ma non volevo discutere di qualità dello spot, quanto di quella degli acquirenti. Passo ore della mia vita sintonizzata su Radio 24, ma quando capita quella pubblicità di una compagnia assicurativa mi rendo conto che siamo una massa di imbecilli soli. C’è un vasto campionario di umana miseria: quello che contrae la polizza per telefono il giorno del suo compleanno e pretende che quel povero cristo dall’altra parte debba cantargli la canzoncina, d’altra parte se il venditore si faceva i fatti suoi ed evitava di fare il brillante profondendosi in auguri la cosa sarebbe finita con un formale arrivederci. Ovviamente se fai la polizza sei obbligato almeno a un piccolo incidente. A tutti capita di farlo con certi ignorantoni che stramaledici l’accaduto in maniera ingiustificata. Invece al cliente di quell’assicurazione va benissimo, si fa tamponare da una bella ragazza e cerca di estorcergli il numero di telefono cercando la complicità dell’assicuratore. Ma c’è di più: allo scader dell’anno assicurativo il simpatico cliente trova divertente fare lo scherzetto al venditore che se lo è subito nei dodici mesi precedenti. Chiama, si dichiara soddisfatto del servizio e alla domanda «Allora rinnova?» risponde di no. E poi «Piaciuto lo scherzo?». Ecco, adesso capisco lo spettro della disoccupazione, che un posto di lavoro è sempre un posto di lavoro, ma un po’ di schiena dritta ogni tanto ci vuole. Invece no, il venditore ridacchia, sforzato, ma ridacchia. E io, radioascoltatrice cresciuta a Carosello, penso proprio che non diventerò mai cliente di quella compagnia. In compenso temo per l’umanità che lo spot abbia avuto successo visto che non accennano a cambiarlo.

Gli unici acquirenti con la pretesa di farsi spiegare il prodotto sono quelli delle televendite. La spiegazione del miracolo che si otterrà è minuziosa. La realizzazione del filmato presenta spunti di neorealismo. Un pavimento sporco è davvero lercio, quando fanno vedere lo straccio utilizzato per pulire ti chiedi che razza di famiglia campione abbiano preso. Le donne impegnate nei lavori domestici indossano tuta e scarpe da ginnastica, come acconciatura sfoggiano un mollettone messo per traverso. Era ora. Lo spot figo, quello che passa a ridosso del tg e che dura 20 secondi, ti fa venire uno scuotimento di nervi. Impegnata nelle faccende domestiche una mamma dalla pancia ultrapiatta tutta gonna, tacchi e maquillage. In un’Italia alle prese con la quarta settimana può diventare un dramma non avere il deodorante per ambienti intonato alle suppellettili.  In questo caso non è la pubblicità menzognera: un lusso da quattro euro ci fa sentire meno poveri. Sennò come si spiegherebbe l’invasione di candele profumate, incensi ed essenze di cui sono per prima appassionata acquirente?

L’aroma new age ha preso il posto di quel rassicurante odore di varecchina che inondava le case dopo pranzo. Sani pavimenti allenati alla resistenza sono stati sostituiti da delicati parquet da pulire con uno straccio umido. Tutto a vantaggio dei nemici dell’igiene che andiamo a stanare solo in bagno. Facendo attenzione a circoscrivere il prodotto ai sanitari. Al di fuori è un tripudio di cotti e marmi pregiati che non tollerano neanche una lacrima.

Dopo aver girato il mondo grazie alla sua lunghezza, il rotolo di carta igienica è diventato perfetto per prendere appunti (non tutti sono in grado di scrivere la Divina Commedia). L’ultima frontiera è una miscela di scarponi da carpentiere e peluche dai quali si ottiene il giusto mix tra morbidezza e resistenza. L’unica conclusione di fronte a tanta creatività è che è cretino chi se la compra.

Sarà la continua ascesa dei discount, ma mi sembra abbiano abolito la pubblicità di due fustini in cambio di uno.

Ma c’è ancora chi crede nell’alta qualità, nell’artigianato. Si tratta di un sarto talmente evoluto da chiedere un abbonamento adsl, telefono, tv e internet in fibra ottica. Cosa se ne farà se la tv neanche la guarda visto che nel cliente a cui sta provando il vestito non riconosce il testimonial di una nota marca di caffè.

IL PATTO DI MISAMBOR

     IL PATTO DI MISAMBOR

Pianeta Terra, anno 12065. Dopo millenni di battaglie tra tecnologici, ambientalisti e religiosi viene firmato il Patto di Misambor grazie al quale l’uomo dovrebbe vivere felice e in pace per l’eternità. Infatti per i primi secoli le cose vanno esattamente così. Ma “eternità” è parola grossa da digerire: per questo motivo nel Patto di Misambor vengono inserite due clausole: la prima, richiesta dagli ambientalisti, esige che comunque sia previsto un ciclo nascita-crescita-maturità-vecchiaia. La seconda, richiesta dai religiosi e ben più complessa, sancisce la possibilità della morte. Qualunque essere umano muore nel momento in cui sulla terra nessuno gli vuole più bene.

Non c’è neanche uno straccio di astronave in questo romanzo ambientato tra diecimila anni, né si va a passeggio tra le stelle e tantomeno tra le scimmie. In fondo l’umanità riesce sempre a superare se stessa.

 

Autore: Maria Corsetti

Titolo: Il Patto di Misambor

Editore: Falco Editore

Anno di pubblicazione: 2012

Pagine: 112

Prezzo: 10 euro

Copertina di Lorenzo Moriconi

Stampa | Mappa del sito
© Maria Corsetti 04100 LATINA