romanzospicciolo
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FiloLogico, romanzo spicciolo - Cap.VIII

Noi che abbiamo visto Genova

Questa storia l’ho già raccontata, ma vale la pena di ricordarla e soprattutto di sapere come è andata a finire. Allora: dovevamo andare a Genova un fine settimana, eravamo in tre. Decidiamo di acquistare i biglietti del treno su internet con una poste pay. Io avevo una poste pay da qualche parte, mai usata. Allora ho pensato di andare alle poste a caricarla. Vado alle centrali, era rotto il distributore di numeretti. Allora decido di andare in via Toti. Vado in via Toti, a piedi, con i tacchi. Faccio la fila. Quando è il mio turno la signora mi dice che la poste pay non era attivata e dovevo andare alle poste centrali per attivarla. Torno sempre a piedi alle poste centrali. Faccio la fila, è il mio turno. La signora mi dice che lei non può attivarla e che devo chiamare il numero verde. Solo che non ricordava il numero verde. Mi dà un altro numero verde, il messaggio registrato mi dice che devo chiamare un altro numero. Chiamo l'altro numero. Dopo varie digitazioni mi risponde la centralinista che mi dice che quello non è il numero e mi dà un altro numero. Chiamo l'altro numero. Il disco registrato mi dice che devo digitare prima il numero della vecchia poste pay e poi quello della nuova. Ma chissà che fine gli ho fatto fare a quella vecchia! Mi rimetto in fila per acquistare un'altra poste pay e quindi poterci mettere i soldi sopra. Dopo un po' mi viene l'idea geniale. Perché fare la fila? A questo punto meglio andare in agenzia di viaggi. Vado in agenzia. Sempre a piedi. Mentre vado in agenzia telefono ai miei compagni di viaggio e gli comunico le novità. Felice varco la soglia dell'agenzia. Chiedo se posso fare i biglietti. Mi dicono che in quel momento è tutto bloccato e che dovevo ripassare prima delle 18. Tanto per dire chiedo: scusate, mi hanno detto che se faccio i biglietti entro oggi per sabato ho lo sconto. Risposta: «sabato e domenica c'è lo sciopero dei treni».

Ma potevano una corese e due cisternesi arrendersi a uno sciopero? Giammai: la mattina del sabato eccoci sulla mia Panda arancione a metano. Salvo dimenticare di farmi una mappatura del metano e proseguire il viaggio a benzina. L’equipaggio è composto da me, Alessandra, detta La Stagy, e Francesco, detto Cucciolo. Ci fanno compagnia: tre navigatori, otto telefonini,  due notebook con chiavetta per la connessione a internet, biscotti, patatine e arance. Da Cisterna conquistiamo Valmontone e quindi l’autostrada. Salvo realizzare solo al ritorno che la scelta dell’autostrada non era né la più veloce, né la più economica. Ovviamente, presissimi dall’acquisto del biglietto del treno, abbiamo completamente tralasciato l’ipotesi di prenotare un albergo. Ma Alessandra ha con sé un elenco sterminato di pensioni dove alloggiare a buon prezzo. Fino a Firenze non fa altro che telefonare: optiamo per pagare cinque euro in più e avere la prima colazione oppure preferiamo risparmiare? Vince la seconda soluzione. Dalle parti di Pisa sappiamo che alloggeremo alla Pensione Carola. Carina, accogliente e pulita, in un bel palazzo al centro di Genova. È ora di pranzo e non possiamo che farlo all’autogrill, uno di quelli a ponte con i tavoli con vista panoramica sull’autostrada. Arriviamo verso le sei: perfetti. Impeccabili i nostri tre navigatori ci conducono alla Pensione Carola. Abbiamo tutto il tempo di cambiarci per andare alla presentazione del cd di Vittoria Siggillino. Siamo felici, per Vittoria e per noi che ce l’abbiamo fatta. Alle sette usciamo dall’albergo per andare alla conferenza stampa. Ci siamo cambiati, i tacchi alti hanno sostituito le scarpe da ginnastica, Francesco ha una camicia da urlo. Trasudiamo fascino pontino in trasferta. La Panda percorre agile i vicoli di Genova, fa freddino, sembra che voglia piovere, anzi a guardare bene sembra quasi neve. Vittoria canta ed è proprio brava, la sua voce è cresciuta tantissimo. Gianni Belfiore le ha scritto i testi ed è felice. Segue un ricevimento delizioso. Ci mettiamo poco a conoscere tutti, ispiriamo simpatia. Siamo contenti. Ci invitano in discoteca, massì, andiamo. È proprio qua vicino. Dove qua vicino significa mezz’ora di macchina. Che non sarebbe niente di strano se nel frattempo non avesse iniziato a nevicare di santa ragione. La Panda non si scoraggia: conosce già la neve, il 17 dicembre aveva nevicato a Latina e si era comportata benissimo. E poi sull’autostrada la neve non c’è più. Che bello, abbiamo fatto bene a non desistere. Balletto in pista, Francesco e Alessandra scatenati sul cubo. Drink analcolico e poi la via del ritorno. Sull’autostrada tutto a posto, ma sullo svincolo per entrare a Genova, quello sospeso nel vuoto assoluto, la neve ha avuto la meglio. Procediamo a cinque all’ora, ce la facciamo. Il casello ha la sbarra alzata: con una tormenta del genere è impensabile che gli automobilisti si fermino a pagare il pedaggio. Genova è sommersa dalla neve, uno spettacolo magnifico. Si manterrà così fino al nostro risveglio e noi potremo dire che abbiamo visto Genova sotto la neve. Passeggiata in centro, foto ricordo di fronte alla redazione del Secolo XIX, pasta al pesto per pranzo. Riprendiamo l’autostrada ma prima di Pisa decidiamo (in realtà sbagliamo a prendere una deviazione e la scelta rimane obbligata) di optare per l’Aurelia. Al momento di uscire dall’autostrada il bigliettino per pagare il pedaggio non si trova. Decidiamo di rifilare alla macchinetta quello della notte prima, quando a Genova nevicava e la sbarra era alzata. Solo che la macchinetta è furbissima e non si fa fregare da noi. Alla fine facciamo pena alla fortuna che decide di farci trovare il biglietto giusto. Dalle telefonate allarmate dei genitori di Alessandra e Francesco apprendiamo che mentre noi ce ne stiamo tranquilli in macchina su un’Aurelia deserta, sull’Autostrada del Sole infuria la bufera, ci sono incidenti ogni chilometro e tutti sono preoccupati per noi in viaggio sulla Panda. Spieghiamo che dalle parti nostre neanche piove ma non ci crede nessuno. Atterriamo a Cisterna all’ora di cena. La mamma di Alessandra ci fa trovare la tavola apparecchiata.


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IL PATTO DI MISAMBOR

     IL PATTO DI MISAMBOR

Pianeta Terra, anno 12065. Dopo millenni di battaglie tra tecnologici, ambientalisti e religiosi viene firmato il Patto di Misambor grazie al quale l’uomo dovrebbe vivere felice e in pace per l’eternità. Infatti per i primi secoli le cose vanno esattamente così. Ma “eternità” è parola grossa da digerire: per questo motivo nel Patto di Misambor vengono inserite due clausole: la prima, richiesta dagli ambientalisti, esige che comunque sia previsto un ciclo nascita-crescita-maturità-vecchiaia. La seconda, richiesta dai religiosi e ben più complessa, sancisce la possibilità della morte. Qualunque essere umano muore nel momento in cui sulla terra nessuno gli vuole più bene.

Non c’è neanche uno straccio di astronave in questo romanzo ambientato tra diecimila anni, né si va a passeggio tra le stelle e tantomeno tra le scimmie. In fondo l’umanità riesce sempre a superare se stessa.

 

Autore: Maria Corsetti

Titolo: Il Patto di Misambor

Editore: Falco Editore

Anno di pubblicazione: 2012

Pagine: 112

Prezzo: 10 euro

Copertina di Lorenzo Moriconi

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