«Hai presente il classico latinense?» è una sorta di domanda retorica che spesso mi sono sentita rivolgere. Conoscevo, nel senso ero obbligata a studiarlo, il classico latino e il classico greco. Poi negli anni ho scoperto che di classico c’era anche il “latinense”. Non nel senso di un testo da tradurre, ma di tipologia di abitante pontino.
Il classico latinense è citato da tanti e, anche se nessuno te lo spiega bene, esiste almeno come idea. Non rimane che cercarlo, come sia ancora non è chiaro, ma è facilissimo immaginare dove lo si può trovare. Ovviamente a Latina, sicuramente in centro. Un latinense confinato in periferia non sarebbe classico.
MATTINA
È entrato nel bar come un cowboy nel saloon. Lo sguardo complice, il cappuccino non può attendere. I cornetti sono a un metro, è riuscito lo stesso a mettere a punto due passi conquistatori per agguantare il tovagliolino e la ciabatta con crema e marmellata. I telefilm western gli hanno dato l’imprinting. Ha sbranato la colazione, è partito per la caccia al quotidiano. Lo ha sfogliato con mano ferma, gli occhi hanno vagato alla ricerca di un volto interessato ai suoi commenti. Si è avviato alla cassa. Ha pagato. Solo per sé.
La crisi ha cambiato il copione del rito mattutino del cowboy. Fino a un lustro fa l’avvento alla cassa era accompagnato da un tuonante «…e offro a X e Y!», con X e Y che protestavano, volevano offrire loro. Cowboy, X e Y ora fanno finta di essere mezzi addormentati quando si incontrano. Si guardano in cagnesco per accaparrarsi l’unica copia del quotidiano messo a disposizione dal bar. Ai tempi d’oro della lotta per pagare il conto ognuno sfoggiava sottobraccio il proprio quotidiano, acquistato in edicola con tanto di inserti speciali e allegati di lusso.
MEZZOGIORNO/L’UNA
Il cowboy ha parcheggiato lo scooter. È sceso con lentezza, si è sfilato il casco al rallentatore. Sullo scooter trasporta un borsone che nessuna compagnia di voli low cost accetterebbe mai come bagaglio a mano. Con gesto misurato se lo è caricato sulle spalle. Di tutta evidenza che sia pesante. Ora, se per una settimana di vacanza un piccolo trolley di sette chili massimo è sufficiente, perché un’ora di palestra richiede un baule?
POMERIGGIO
La lampada del dopopalestra ha rinfrescato l’abbronzatura del cowboy. Mancano però i solchi sul volto, quelle rughe profonde di maschio e di vita, parimenti non c’è odore di cuoio e tabacco, né la Camel senza filtro tra le labbra. Nel restyling del copione western, nonostante la crisi, sono state introdotte creme emollienti e depilazione delle sopracciglia. Forte della sua pelle liscia, con i Ray ban con la scritta Ray ban sulla lente a certificarne l’autenticità, il cowboy sta svappando la sigaretta elettronica alla fragola.
SERA
L’automobile fiammante del cowboy è rimasta senza biada. Quanto al ristorante c’è questa maledettissima dieta. Meglio farsi un cane e portarlo a passeggio. Il cane, griffato e tirato a lucido, è di taglia medio-tozza. Il cowboy è alla terza camicia della giornata, bianchissima e stirata alla perfezione. Le maniche sono arrotolate. I capelli, quando ci sono, vengono buttati all’indietro per sottolineare la terza doccia. Sotto la camicia il bermuda casuale ricavato da vecchi jeans. La ciabatta è severamente costosa. Con la mano destra il cowboy tiene il cane al guinzaglio, nella sinistra ha la busta per raccoglierne le deiezioni. Quando con il prodotto in mano si avvia verso il cassonetto dell’immondizia il tatuaggio sull’avambraccio brilla nella notte.