C’era il negozio sotto casa, dove di mattina ci fermavamo a comprare il panino per la ricreazione a scuola.
C’era la Standa, il reparto alimentari era poco più del negozio sotto casa. C’era, che altro c’era? No, Pacifico venne un po’ dopo, quando nelle case fece il suo ingresso il surgelatore. Più o meno erano i tempi della televisione a colori. Fine anni ’70, anche Latina usciva dall’austerity e scopriva il lusso minimo.
Già allora c’erano Pacchiarotti e La casa del Parmigiano.
Che non sia autorizzato a parlare di gastronomia chi nella vita non ha sentito l’odore della casa del Parmigiano, quel gusto che assaliva entrando nel negozio di Via Carducci illuminato di giallo.
Che non parli di innovazione a tavola chi non ha conosciuto Pacchiarotti: in tempi insospettabili portò la Germania in Via Duca del Mare. Non è autorizzato a dire la sua chi non ha mangiato quell’hot dog irripetibile.
Quasi niente surgelati, formaggi freschissimi e un tocco di internazionalità.
Da accompagnare con: vino del contadino, uova dei coloni, gelato del Polo nord, cocomero e melone acquistati sulla strada al ritorno dal mare, telline e granchi fai da te sulla spiaggia.
Un capitolo a parte merita il settore acqua, che dai rubinetti pontini non esce un sapore granché.
1. Ghirba in macchina e rifornimento idrico alla fontanella che arrivava da Ninfa. Si trova nella fettuccia che va da Doganella al bivio per Latina Scalo. Si dice che la stessa acqua arrivi alla fontanella di Piazzale Prampolini. Mai appurato se sia la verità, ma sicuramente quella di Doganella era più vicina a Ninfa e quindi DOVEVA essere più buona.
2. Botta di vita per l’acqua di Ninfa, ma anche per quella del rubinetto: la bustina dell’IDROLITINA. Da bere rigorosamente fresca di frigorifero, diversamente lo si fa a proprio rischio e pericolo.
3. Acqua minerale, da acquistare in casse e restituire il vuoto. Il deposito sta in Via Garibaldi. Te la portano a casa anche se abiti al quarto piano senza ascensore. Le casse sono da dodici bottiglie da un litro e le bottiglie sono di vetro. Di vetro verde scuro, ma ogni tanto ce n’è una bianca, trasparente e sembra che l’acqua di quella bottiglia sia più buona.
Ma se per la ricreazione a scuola si preferiva il cornetto allora c’era la Pasticceria veneta: forno in Via Sisto V e rivendita in Via Pio VI. Una mollica bianca coperta da una crosta doppia e scura e sopra lo zucchero. Una bontà che si faceva sentire da San Marco a Palazzo M, al Palazzo Key.
E dove finiva l’odore dei cornetti della Pasticceria veneta iniziava quello degli hot dog di Pacchiarotti, che arrivava fino a Piazza del Popolo per cedere il testimone alla Casa del Parmigiano.
Al Bar Jolly facevano coppe di gelato e frutta enormi.