Sono ufficialmente al di sopra del mio peso forma. Che non ho mai capito quale è, di sicuro non è quello di questi giorni. Umiliazioni: pantaloni bianchi, quando li ho comprati mi stavano proprio bene, anche leggermente larghi in vita. Oggi ho faticato per farli entrare, alla fine è partito il bottone. L’elenco continua con le cerniere che non si chiudono, se insisti rimane un pezzo di pelle incagliata. Soddisfazioni: lato A da urlo. Camice che scoppiano, magliette strepitosamente aderenti.
Comunque ho superato il limite di guardia, occorre una dieta. E qui si apre un mondo. Basterebbe mangiare un po’ di meno, a colazione, a pranzo e a cena. Se il grasso superfluo non ha altri motivi per crescere un’alimentazione normale e qualche passeggiata in più dovrebbero risolvere qualche paio di chili.
Invece no, il dimagrimento passa attraverso una tortura,
psicologica prima che fisica. Dalla colazione abbondante per accelerare il metabolismo, uova e bacon per intenderci, a quella tè leggero e due fette biscottate. Che mi riesce solo quando sto male.
C’è anche lo spuntino, una mela o uno yoghurt magro. Preferisco soprassedere e fare la fame. A pranzo: trenta grammi di pasta al pomodoro, verdura cotta, un frutto. Merenda: frutta o yoghurt o due
fette biscottate. Cena: formaggio magro e trenta grammi di pane integrale. Grazie che dimagrisco così. Ma il morale dove lo metti? Varianti: 50 grammi di carne bianca alla piastra, un pesce lesso. Un
mese così e sei pronta per la prova bikini. Un mese così e la depressione galoppa. Stravizi ammessi: una Coca Cola Zero, un cucchiaino di marmellata sulle fette biscottate di domenica. Una volta a
settimana si può andare a mangiare la pizza purché sia senza mozzarella. Da bere acqua naturale. Me ne sto a casa che è meglio.
L’ultima frontiera del mangiar bene per vivere meglio passa attraverso il razionamento dell’extravergine. Prima si diceva di condire l’insalata con un cucchiaino di olio. Il risultato era una foglia
bella unta e tutto il resto secco. Quindi il genio della dieta ha tirato fuori il nebulizzatore di olio: spray, come quello solare. Una spruzzatina sui cento grammi di carote finemente grattugiate e
il gusto è garantito. Però a me piace veder il piatto che alla fine rimane con una bella pozzanghera di olietto saporito di insalata e raccoglierlo con un bel pezzo di pane, magari di crosta
bruciacchiata che diventa nera quando la tuffi nell’intingolo e si ammorbidisce tutta e te la gusti al di sopra di ogni cosa. No, la scarpetta no. È cafona e poi il pane è abolito. Se è così
difficile resistere, l’olio residuo si può raccattare con una galletta di riso.
Il tonno, ammesse piccole porzioni di quello al naturale. Per
digerirlo ci vuole l’acido muriatico. Davvero si digerisce meglio quello sott’olio. Lo sgocciolo bene, ci metto pomodoro e basilico, mi sembra dietetico. No, deve essere al naturale. Che è
commestibile solo se ci metti l’extravergine. No. Allora mangiatelo tu. Lì per lì non sembra, ma dopo qualche ora ti senti come se avessi ingoiato un materasso di lattice.
I dolci. Scherziamo? Qui scattano le tabelle del terrore. Un cannolo siciliano equivale a due cene complete, una fetta di zuppa inglese si sconta con ventiquattro ore di digiuno. Lo zucchero?
Assolutamente no. Il dolcificante? Non fa bene. Se proprio non potete resistere mettete il miele nel caffè. Passi il tè, ma avete mai bevuto un caffè con il miele?
La frutta. Neanche la frutta gli sta bene ai profeti della dieta. Una volta si sostituiva il pranzo estivo con una bella mangiata di frutta fresca. Pesche, albicocche, susine, cocomeri, meloni. Era
una gioia vedere questi cestoni colorati. La pancia si gonfiava, tirava, dava un senso di sazietà. Se proprio si voleva masticare qualcosa di più consistente era ammessa una banana. La banana? Per
carità, meglio un panino al prosciutto. Frutta di stagione? Ma è piena di zuccheri. Sì, però scommettiamo che se per un mese mangio solo frutta a pranzo scendo di peso eccome? No, la frutta va
mangiata con moderazione e lontano dai pasti. Per la buccia le scuole di pensiero sono due: quella a favore per via delle fibre e quella contraria per via degli zuccheri. Allora questa sera io ho
mangiato: un piatto di pasta, un panino di quelli giganteschi con salsiccia e capocollo, un bel bicchiere di fragole. Mannaggia, dovevo evitare le fragole.
Cappuccino e cornetto. Censurati. Ammesso il cappuccino purché il
latte sia di soia e il caffè d’orzo. Il cornetto non ha possibilità di appello, ricco com’è di grassi, zucchero e lievito. Da qualche anno la lotta è contro i lieviti. Non ho capito bene perché ma i
lieviti sono all’origine di ogni male, sono peggio degli zuccheri. Quindi a colazione cappuccino con latte di soia e caffè d’orzo accompagnato da pane azzimo. In alternativa da una galletta di riso.
C’è chi riesce a convincerti che dà più emozione della mollica del cornetto con attaccato un pezzo di crosta con lo zucchero sopra che si fa strada tra la schiuma del cappuccino fatto con latte di
pura vacca e caffè appena macinato.
A proposito del caffè: non ho capito che parentela ci sia, ma se ti proibiscono i lieviti ti proibiscono anche il caffè.
Le intolleranze. “Sono grassa” ho detto. “Hai fatto il test delle
intolleranze?” mi è stato suggerito. Ma che test, qui mi sembra che tollero tutto alla perfezione. Non mi serve un test per appurare che un panino con salsiccia e capocollo non va mangiato tutti i
giorni. Se il test mi dice che sono intollerante alla senape, non è che abolendo la senape il panino diventa dietetico.
“La carne rossa fa male”. Sentenza inappellabile di un mio amico che si fuma due pacchetti di Marlboro (rosse) al giorno.
In pellegrinaggio a Lourdes la mia devotissima nonna non volle
fare il bagno per paura di ammalarsi.
La stessa nonna che da piccola dopo pranzo mi dava come ricostituente il Ferro China Bisleri. Pare che sia piuttosto alcolico e dicono che l’alcol sia veleno per i bambini. Dovrei essere clinicamente
morta. Invece sono solo grassa, la cura ricostituente ha funzionato.