Chissà da quanto tempo avrebbe voluto chiedermelo: “Ma quante paia di ciabatte hai?”. Negli ultimi tempi una mia amica è venuta spesso a casa mia. Una volta le davano fastidio le scarpe, mi ha chiesto la cortesia di un paio di ciabatte. Niente di più facile. Ne ho diverse, di quelle di spugna bianche, più un paio di comodissime Crocs. Sparse nell’appartamento. Non sparse a caso, sono piazzate secondo un percorso ben preciso. Il primo paio sta fuori della doccia. Io esco dalla doccia, le calzo. Ci vuole poco che l’umido ai piedi inizi a darmi fastidio: primo cambio ciabatte, di solito in corridoio. Al secondo cambio, avviene in camera contestualmente al cambio dell’accappatoio, i piedi sono asciuttissimi e possono passare alle Crocs. Ma non si fa prima ad asciugarsi i piedi con un asciugamano? Io mi trovo benissimo così, non vedo perché dovrei cambiare abitudini. D’inverno c’è anche il vantaggio delle ciabatte messe a scaldare sul termosifone.
Le Crocs, un’invenzione così non si vedeva dai tempi degli zoccoli Pescura, quelli del Dr. Scholl. Con la differenza che le Crocs sono infinitamente più comode e, neanche a dirlo, più silenziose. Quanto all’estetica diciamo che è necessario farci l’occhio. Diciamo che sono usatissime nei luoghi dove il lavoro richiede quel tipo di calzature, altrettanto in auge tra le pareti domestiche, qualcuno azzarda ad andarci al mare, nessuno si sogna di indossarle per andarci a passeggio. O a scuola.
Tutt’altra più ampia fortuna hanno avuto nella storia gli zoccoli del Dr. Scholl. Era l’alba degli anni ‘80 quando i due pezzi di legno rumorosi conquistarono i piedi degli italiani. C’era il modello piatto e il modello con una sorta di tacchetto più femminile. Avevano una suoletta di gomma che si consumava in fretta, sopra c’erano due strisce di pelle tenute ferme da una fibbia. Gamma di colori a disposizione: bianco, beige, blu, rosso. “Ecco, magari il beige è più facile da abbinare”. Certo perché d’estate si indossavano sotto i jeans o le gonne, con gli shorts, volendo essere eleganti anche sotto un vestito. Io avevo quelli con il tacchetto e ci prendevo certe storte micidiali. Per camminarci occorreva sviluppare una tecnica di semi strascinamento che annunciava da lontano l’arrivo del portatore di Pescura. Parte del popolo del Dr. Sholl aveva il vezzo di non togliere le etichette trasparenti a forma di goccia attaccate sul plantare all’altezza del tallone. Quando la targhetta veniva via da sola rimaneva il segno più chiaro della goccia. Però era una questione di gusti, c’era anche chi preferiva un colore uniforme e allora toglieva la targhetta subito. Però togliere subito la targhetta significava non palesare al mondo di possedere un paio di Pescura nuovi di farmacia. C’erano anche le tecniche per ammorbidire la striscia di pelle che i primi giorni faceva venire le vesciche ai piedi. A quel punto scattava l’operazione cerotto. Che non c’erano quelli fichissimi di oggi, i Compeed che risanano la ferita e non si staccano mai. Bastava che il piede sudasse un po’ e il cerotto si accartocciava, lasciando scoperta la carne viva. Da un piede all’altro i Dr. Scholl hanno imperversato almeno per un paio di anni, quando sono stati soppiantati da zoccoli della stessa marca, ma modello sabot, bianchi e bucherellati. Ottimi per medici e infermieri, inguardabili in ogni altra situazione. Ecco, quelli me li sono risparmiati, non ne ho mai posseduto un paio. Ma le mie Crocs rosa guai a chi me le tocca. Di sera, al buio, quando scendo a buttare l’immondizia le indosso.