Lo sguardo è severo, il rimprovero diretto. «Sei ingrassata di un chilo». La mia estetista, Silvia (il nome non è affatto di fantasia) non fa nulla per nascondere la sua delusione, il rammarico di fronte all’irreparabile fatto che, dopo tre trattamenti a base di fanghi e massaggi, io abbia avuto l’impudenza di non dimagrire. Anzi.
«Hai la pancia gonfia, le gambe gonfie». Grazie, sennò perché venivo da te, vorrei sibilare.
Ma l’umiliazione prende il sopravvento. Abbozzo una scusa: domenica c’è stato il compleanno di mia zia, pranzo sontuoso, hanno servito anche l’aperitivo. Silvia capisce di aver fatto centro, sferra il colpo basso. «Devi fare la dieta, posso consigliarti uno bravissimo». E tira fuori la questione delle intolleranze. No. Io da questo non ci voglio andare. Avrà fatto dimagrire te, le tue amiche e le tue clienti, a me non interessa. Io non sono malata, né peso trenta chili più del necessario. Ho diverse decine di etti di troppo, questo sì, ma basta che evito di nutrirmi con entusiasmo e vedi che risultati. Silvia vorrebbe strangolarmi, ma evita di farlo poiché, oltre a essere una sua amica, sono una cliente e un omicidio danneggerebbe l’immagine del centro estetico.
Tra di noi cala un silenzio risentito. Dopo la pesa mi metto sul lettino per il massaggio.
Quando arriva alla zona coscia sento le mani di Silvia che affondano con soddisfazione nei cuscinetti di pannicolopatia edemato-fibro-sclerotica. Ohi che dolore. Sono sicura che lo sta facendo apposta per sottolinearmi lo stato della cellulite.
«Fa male?» mi chiede perfida.
«Come va con gli uomini, Silvia?» rimando bieca.
Ho vinto. Non è stato difficile.
Silvia vanta un bestiario di fidanzati peggiore del mio. Ha iniziato tardi le sue frequentazioni, ma è riuscita a recuperare il passo sul pessimo umano.
Riesce a conoscere, e a frequentare, individui dubbissimi. Non sono cattivi ragazzi, sono completamente cretini.
La resa: «Vabbe’, il peso di oggi non te lo segno sulla scheda».