romanzospicciolo
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The Harvest, benvenuti in little Punjab

E’ stato presentato lo scorso 16 febbraio a Latina il film che racconta lo sfruttamento dei braccianti agricoli nell’Agro pontino.

Un lavoro molto ben realizzato anche se in molti non vorranno credere a quanto c’è dietro all’eccellenza agro alimentare della provincia di Latina

Le scene iniziali dicono tutto. Per me sono da premiare quel minuto o due forse di regia e fotografia di The Harvest, che restituiscono una strada che vedo spesso e da sempre. Se non ci fosse quel cartello arrugginito a indicare “Bella Farnia” giurerei di stare altrove.

In un altro posto d’Italia o del mondo, ma non sulla litoranea Latina-Sabaudia, cioè nella strada che dal capoluogo porta alle dune dei vip. Nel giro di pochi secondi vedo un luogo, che conosco benissimo con occhi diversi e questa è arte.

Non voglio dire che la regia di Andrea Paco Mariani e la fotografia di Salvo Lucchese mi abbiano aperto gli occhi sulla realtà: li vedo ogni volta che passo gli indiani in bicicletta. Conosco bene il residence, sogno del romano medio che all’alba degli anni ’90 poteva dire “Me so fatto la villa a Sabaudia”, guardando con orgoglio la casetta a schiera su tre piani, soppalco compreso,  che si affacciava sulla strada di raccordo, dal profetico nome di Via India.

Eppure, nonostante la consapevolezza, le immagini di inizio film mi hanno sorpreso.

Obiettivo centrato, benvenuti in little Punjab, dove gli uomini mettono di cognome Singh e le donne Kaur. Benvenuti in un mondo parallelo, tra uomini che guardano il mare e non sanno nuotare, dalla pelle scura e i turbanti colorati che quando stanno sui campi sembrano tanti coriandoli. Benvenuti tra donne che indossano il sari e bambini che vanno a scuola insieme agli altri bambini e crescono italiani.

Fin qui la poesia, che continua parallela – è un film con storie che si scorrono accanto e all’improvviso si incontrano – nei racconti di Hardeep Kaur, conosciuta qui da tanti come Laura, e del suo matrimonio nel tempio, con il sogno di suo padre che quando è arrivato dormiva sulle panchine e oggi ha la casa e una bella famiglia.

Ma poi ci sono le storie di chi crepa nei campi, sotto un sole che nell’Agro pontino è più sole che altrove. A qualche chilometro i vip si abbronzano tra le dune più belle d’Italia.

Non possono mancare in The Harvest quelle dune, la bellezza di un tramonto sotto gli occhi della Maga Circe. E sono belli i campi. C’è la bellezza nel film.

C’è bellezza anche in quel residence invecchiato precocemente, con le pareti esterne mai ripulite, con i panni stesi a indicare la vita e un quotidiano ricostruito qui.

Ci sono le storie di chi prende qualche pasticca per resistere al caldo e alla fatica.

Ci sono le storie dell’eccellenza pontina, di quell’agroalimentare rimasto come baluardo dell’economia che fu, considerato che il chimico farmaceutico se ne sta andando e il turismo non è mai arrivato.

Bene, come va avanti l’agroalimentare? A fronte di aziende serie, che hanno rapporti seri con i loro dipendenti, quante ce ne sono che fanno lavorare i fantasmi, sfruttati a nero, che a trent’anni sembra che ne abbiano cinquanta e che dopo diversi lustri in Italia, articolano poche parole di italiano?

E’ legge di mercato, dice qualcuno. Se c’è lavoro arrivano i lavoratori, se sono richiesti in nero arrivano anche in nero.

Se non vengono presi lavoratori in nero, i lavoratori in nero non arrivano, è  legge di mercato anche questa.

IL PATTO DI MISAMBOR

     IL PATTO DI MISAMBOR

Pianeta Terra, anno 12065. Dopo millenni di battaglie tra tecnologici, ambientalisti e religiosi viene firmato il Patto di Misambor grazie al quale l’uomo dovrebbe vivere felice e in pace per l’eternità. Infatti per i primi secoli le cose vanno esattamente così. Ma “eternità” è parola grossa da digerire: per questo motivo nel Patto di Misambor vengono inserite due clausole: la prima, richiesta dagli ambientalisti, esige che comunque sia previsto un ciclo nascita-crescita-maturità-vecchiaia. La seconda, richiesta dai religiosi e ben più complessa, sancisce la possibilità della morte. Qualunque essere umano muore nel momento in cui sulla terra nessuno gli vuole più bene.

Non c’è neanche uno straccio di astronave in questo romanzo ambientato tra diecimila anni, né si va a passeggio tra le stelle e tantomeno tra le scimmie. In fondo l’umanità riesce sempre a superare se stessa.

 

Autore: Maria Corsetti

Titolo: Il Patto di Misambor

Editore: Falco Editore

Anno di pubblicazione: 2012

Pagine: 112

Prezzo: 10 euro

Copertina di Lorenzo Moriconi

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