L’ho fatto così, senza un motivo. L’ho fatto più come sottolineatura, pregustandomi il nulla, con la speranza al limite di trovare qualche succo di frutta che non fosse all’ananas che compro perché va bene per la dieta, ma che non mi piacerà mai come quello di albicocca. L’ho fatto pensando a un pezzetto di parmigiano con il miele che ho comprato domenica a Sermoneta, l’ho fatto sperando in una lattina residua di Guinness pur sapendo che l’ultima l’avevo bevuta ieri sera. Aprire il frigorifero sapendo di trovarlo irrimediabilmente vuoto è un gesto che sta tra il masochismo e la soddisfazione. Pensando di allestire la più frugale delle cene apro il frigorifero e scopro che nel mezzo si staglia una vaschetta bianca con dentro un saltimbocca già cotto, acquistato ieri da Gusto, dove una porzione comprende due saltimbocca. Ne avevo mangiato uno insieme ai fagiolini al sugo, lasciando l’altro per questa sera. E me ne ero completamente dimenticata. Ma allora la cena prende tutta un’altra piega. Saltimbocca a scaldare in padella, tavolino apparecchiato in balcone, fetta di pane surgelata nel tostapane, barattolino di miele di contorno, ciambelline al vino per dessert. Peccato che non ho la Guinness. In realtà avrei la Moretti che mi piace anche tanto, ma stasera mi sentivo da Guinness. Però che scorte lussuose. Certo, tutto acquistato a furia di offerte speciali sennò come ci arrivi a fine mese con la disoccupazione. Dopo che hai pagato la rata della Panda che per fortuna è a metano e quindi consuma poco e smaltito un po’ di bollettini postali. A proposito oggi sono andata a ritirare una raccomandata. Ecco, la solita multa ho pensato. Peggio, sulla busta c’è scritto Equitalia e non ho ancora il coraggio di aprirla.
Ma torniamo alla buona notizia, al saltimbocca trovato nel frigo. In questa sera tiepida di maggio in realtà avevo deciso di non cenare. Mi sono alzata dal pranzo di compleanno di Bruna alle cinque del pomeriggio, bella sazia di cose squisite. Bruna oggi ha compiuto cinquant’anni ed era tutta contenta di esserci arrivata. Mettiamola così: a un certo punto la vita le si era un po’ messa di traverso, cose che capitano alle donne, cose che capitano all’umanità. Chi ci sta dentro è il più ottimista di tutti e per fortuna alle volte ha ragione. Poi c’è chi invece è malato solo di noia e si inventa ogni genere di analisi per farsi compatire. Non ha nulla, ma mette tutti in ansia. Ecco a queste persone - mi permetto di farlo a nome di Bruna che ha avuto ragione e a nome di tutti quelli il cui ottimismo non è stato premiato – auguro il peggiore dei mali possibili. No, non è cattiveria, è quello che deve accadere a chi si nasconde con tanta leggerezza dietro qualcosa che ad altri strappa la vita.
Ma torniamo a Bruna che sta bene e che ha preparato un pranzo ottimo come d’altra parte faceva anche quando stava male. Alla sua casa perfetta, rimessa a nuovo solo qualche giorno fa, con il parquet intatto, senza un graffio, che se per caso hai i tacchi chiedi immediatamente un paio di pattine. Alle sedie quelle di plastica trasparente, lucide come coppe di cristallo (occhio a chi ha i jeans con le borchie), al servizio da tavola intatto, con tutti i pezzi. Ci siamo messe a tavola alle tre (chi doveva finire in ufficio, chi aveva udienza a Roma), alle quattro c’è stata qualche temporanea assenza da parte di chi doveva andare a prendere i figli a scuola, ma poi siamo tornate intorno al tavolo per il caffè. Consegna del regalo, biglietto con la frase che chiedono sempre a me di scrivere e io non sono capace come d’altra parte non sono mai stata capace di scrivere i titoli al giornale. In più ho una scrittura pessima e Bruna non è riuscita a decifrare il mio messaggio affettuoso. Qualcuna mi ha anche detto qualcosa del tipo che chi ha una brutta scrittura non è una persona brillante. Sconfitta su tutti i fronti. La prossima volta la scrivano loro la frase a effetto e ne deleghino la scrittura a un amanuense.