Oggi le adolescenti sono diverse dalle loro coetanee di qualche decennio fa. Oppure no, certe debolezze resistono nei secoli e se ne fregano dell’emancipazione. Il momento in cui una ragazzina vorrebbe sinceramente strangolare chi le sta davanti è quello in cui, in genere alla mamma (perché la bimba, almeno dodicenne è considerata non in grado di rispondere) viene chiesto: «Ed è già diventata signorina?».
Ma perché si chiede alla mamma? Perché la signorina in fieri saprà di cosa si parla solo al momento dell’avvenuto menarca? E soprattutto, ma a chi lo chiede che gliene frega di saperlo? E peggio ancora: perché chiederlo in pubblico, magari durante un pranzo con dieci invitati? Cioè, non si potrebbe agire più delicatamente se proprio si crepa dalla voglia di sapere se quella ragazzina in jeans e unghie ricostruite è in grado di procreare?
Invoco la par condicio: ma che all’adolescente maschio si chiede (forse al padre?) se già si è fatto la prima sega? E se alla smaneggiata è seguita l’eiaculazione? Perché anche in questo caso si sarebbe superato il confine ed entrato nel mondo dei potenziali procreanti. Però io in un discorso conviviale questa cosa non l’ho mai sentita.
Vita da signorina: casistica è infinita, ma si può riportare a tre tipologie.
La prima, forse la più rara. L’evento mensile viene vissuto con discrezione dall’interessata, per il momento è solo una scocciatura. Più in là, quando si sperimenteranno le delizie dell’amore…(ah, no, si stanno sperimentando per ora si tratta solo di collezionare aspettative deluse), lo scoccar dei 28 giorni verrà vissuto con una certa trepidazione. Per quanto oggi, grazie alla rete, le ragazze possano avere tutte le informazioni negate alle generazioni precedenti, tra teoria e pratica qualche dubbio si insinua.
Seconda tipologia: non la più frequente è quella che si avvale di una forte comunicazione e quindi è conosciutissima. Qui non si tratta di evento mensile, ma di tragedia annunciata una settimana prima con sindrome premestruale. A seguire c’è lo scadenziario dei giorni. Dal primo ci si chiede se si uscirà vive, il secondo è ogni volta peggio del primo, il terzo forse si intravede un barlume di speranza e via dicendo perché in questi casi le mestruazioni non durano tre-quattro giorni, ma più di una settimana. Che, sommata con la settimana precedente, restituisce metà della vita condizionata. Non tanto alla povera sofferente, ma a tutto il mondo che gli sta intorno, costretto a programmare la vita in base al ciclo. E sarà un programma sempre in forse, visto che anticipi e ritardi sono in agguato.
Terza tipologia: quella che capisco di meno. O meglio, posso capire che una volta capiti di rimanere senza assorbenti igienici. Se succede sul lavoro si chiede aiuto a una collega. Oppure si esce un attimo per acquistarli. Ma che puntualmente (e gli uomini coinvolti ne fanno una punta di orgoglio), si rimanga senza in casa e si chieda al padre, al fidanzato o al marito di andare a comprarli mi sembra un po’ eccessivo. Giuro, ho sentito spesso padri orgogliosi dire che le figlie incaricavano loro dell’acquisto. I fidanzati e i mariti, lo ammetto, raccontano l’episodio un pochino imbarazzati. Possibile che una ogni mese rimanga senza? Di carta igienica si fa la scorta, acquistare un pacco di assorbenti in più non è reato.
Ma torniamo alla par condicio. Mentre le donne gestiscono in maniera differente la loro pubertà, per il maschio la condizione è unica e cioè la privacy della cameretta. O del bagno.
Solo anni dopo, decenni dopo il maschio si produrrà nei racconti mitici delle seghe adolescenziali. Al momento spera solo di non venire scoperto.